terça-feira, 12 de abril de 2011

Memorie di Pietro Chiesa

Pietro Chiesa: Settembre 1941 Memorie di Pietro Chiesa CAPITOLO 1: SETTEMBRE 1941IL GITTAMENTO DEL PONTE SU BARCHE SUL DNIEPER A DNIEPROPETROVSK.

Preambolo sulla sincronia dei fatti Debbo innanzi tutto precisare che non mi trovo molto in quadro con le date di alcuni avvenimenti. Dalla relazione fatta dal Col. comandante Montaretto, su "Considerazioni sul forzamento dei corsi d'acqua", edito nel 1953, risulterebbe che il forzamento del fiume Dnieper -col primo gittamento del ponte- dovrebbe essere avvenuto nella notte tra il 3 ed il 4 settembre 1941; tuttavia, rileggendo attentamente la parte di quel testo, la cosa non appare assolutamente certa. D'altro canto il Ten. Ratti, nel libretto di memorie da lui recentemente redatto, afferma che "Il giorno 4 settembre ha inizio la manovra con partenza dal bosco alle ore 16,30." Dal canto mio ho sempre conservato la certezza - un diario non l’ho mai scritto - di aver dato il cambio di guardia al ponte, proprio al Ten. Ratti, il mattino dopo il gittamento del ponte in parola. Debbo precisare che io non presi parte al forzamento notturno e restai nell'accampamento. Il Ten. Ratti invece aveva partecipato al gittamento ed al mattino seguente rimase, con pochi uomini, di guardia al ponte. E' tuttavia certo che il ponte, durante il servizio del Ten. Ratti, non venne colpito. Io diedi il cambio al Ten. Ratti verso il mezzogiorno del mattino seguente il forzamento del fiume. A questo punto viene a cadere anche l'affermazione fatta dal Col. Montaretto che colloca alle ore 9 del giorno successivo al gittamento l'avvenuto colpimento del ponte in barche, con la distruzione di due impalcate. Affermerei invece che il ponte fu colpito, non giurerei sull'ora, ma al mattino del secondo giorno. Si tratta tuttavia di una successione cronologica che potrebbe essere derivata dal fatto che non avevamo, allora, dei calendari alla mano per consultarli. D'altra parte, la disquisizione cui sopra, serve solo a spiegare la mancanza di sincronismo tra diverse esposizioni ma non incide sulla autenticità dei fatti. Primo giorno: il battesimo del fuoco Andiamo pertanto al mattino in cui io ebbi a sostituire il Ten. Ratti. Quando arrivai avevo con me un paio di squadre. La situazione, fin dalle prime ore a cominciare dall'alba, era impressionante. Ai russi fu chiaro quello che era stato fatto durante la notte: ai loro occhi apparve un ponte totalmente steso e con passaggio continuo di truppe e cariaggi. La sua eliminazione era per loro una questione vitale. Fu un'infernale gragnuola di colpi d'artiglieria. Come già ebbi a dire nella prima parte, vi erano dei periodi in cui le salve di artiglieria cadevano al ritmo di decine di colpi al minuto. Alcune batterie avevano un tiro molto teso; i loro colpi arrivavano verso la coscia del ponte e contro il terrapieno di accesso con effetti dirompenti; i loro acuti e paurosi sibili si udivano immediatamente dopo gli scoppi. Altre batterie, probabilmente costituite da obici, si preannunciavano con sibili meno acuti ma immediatamente seguiti dalle deflagrazioni più potenti delle prime. E questo fu proprio il "battesimo del fuoco". Si trattò, per me, prima di tutto, di collocare ai capi dei tratti di ponte su barche (ed essi erano due, corrispondenti ai due tratti di ponte su zattere che erano stati fatti saltare dai russi) i primi quattro pontieri che dovevano fare il primo turno di guardia al ponte. Presi quattro uomini ed un sergente e non vi dico quanto mi costò l'infilare quel ponte e dover percorrerlo praticamente TUTTO sotto quella gragnuola di bombe. La nostra grande fortuna era solo dovuta al fatto che i proiettili, superata la coscia del ponte (a terra), cadevano nelle acque profonde del fiume e, pur facendo un gran "botto", raramente consentivano la fuoruscita delle schegge. Tuttavia, specie al primo approccio con il fuoco nemico, la situazione risultò drammatica e traumatica. Frittura di pesce Nessuno penserebbe di andare ad attraversare un campo di tiro, anche molto meno sventagliato, augurandosi che non gli cada un colpo addosso. Malgrado lo stato d'animo così stressato, la disposizione dei pontieri ai capi del ponte fu fatta. Il servizio doveva durare due ore! Passate le due ore, che tanto io quanto gli altri pontieri a me affidati passammo negli scantinati di un edificio in muratura sito nei pressi del ponte, dovetti provvedere a dar il cambio. Presi con me altri quattro pontieri, e forse anche un sottufficiale, e rifeci nuovamente il ponte. La prima barca era a circa 600 m. dalla riva. Quando giunsi sul posto non vidi l'uomo di guardia. Lo chiamai. Mi venne il dubbio che gli fosse successo qualcosa : o caduto in acqua o svenuto dalla paura o che so io. Niente di tutto questo. Il pontiere venne fuori da sotto il ponte che copriva la barca. Gli dissi: sono venuto a darti il cambio. E quello, con uno strano comportamento, mi fa un ragionamento monosillabico di questo tipo: ma io...sig. Tenente...se vuole...sto qui ancora. La cosa, in quei frangenti, mi parve così assurda, che mi balenò l'idea che quel soldato fosse sotto l'effetto di un trauma psichico. Il pontiere, vedendo la mia perplessità, aggiunge:.. sig. Tenente, le faccio vedere una cosa; e si infilò nuovamente sotto l'impalcata. Dopo pochi istanti ne uscì con in mano la "gottazzuola". (la gottazzuola è un attrezzo che serve per svuotare l’acqua dalla barca, quando essa è poca) Essa era quasi piena di pesci lunghi dai 20 ai 30 centimetri ciascuno. Cosa s'era studiato di fare quello strano tipo? Sotto quell'imperversare di scoppi, ai quali non poteva sottrarsi per dovere di servizio, aveva pensato bene di fare qualcosa che lo tenesse occupato nell'attesa e nello stesso tempo avesse una utilità pratica. Si trattava semplicemente di questo: raccogliere, con l'ausilio della gottazzuola o dell'elmetto, i pesci ammazzati dalle bombe che esplodevano a monte del ponte e che passavano a portata di mano, sul fianco della barca sulla quale stava. Era chiaro che con quei pesci si sarebbe fatto un bel fritto, con i suoi compagni, non appena fosse tornato a terra.Rimasi stupefatto! Quella fu per me la prima lezione di comportamento, relativa all'autocontrollo dei propri nervi in presenza del fuoco nemico. Tuttavia non gli concessi di restare oltre esposto a tale gravoso servizio. Mi parve che avesse avuto, dopo due ore, più che sufficientemente la sua razione di bordate d'artiglieria e quindi lo sostituii. Questo fatto credo, però, abbia contribuito a sollevare il morale tanto ai soldati che io portavo per attuare il cambio quanto il mio stesso. Secondo giorno: Un ripristino da matti Non dovette però passare molto tempo prima che, necessariamente, dovessi anch'io adeguarmi in merito. Il mattino successivo, sotto la solita gragnuola, il pontiere di guardia al tratto di ponte più lontano, a più di 1000 metri dalla coscia di partenza, venne a riferire che una barca era stata colpita in pieno e pertanto l'impalcata era finita a pelo d'acqua e restava precariamente trattenuta dai travetti di ghindamento. Era indispensabile la riparazione per consentire il passaggio. Per la verità in quel momento, forse per l'intensità dei tiri o non so per quale altra ragione, non ci passava nessuno. Tuttavia a me avevano insegnato che il ponte, quando è interrotto, doveva essere riparato; del resto ero là per questo. Mi si consenta di dire tuttavia che forse, alla Scuola Allievi Ufficiali di Pavia, non mi avranno detto "subito"; può darsi che sia stata solo una mia falsa opinione. Fu in questo caso, e solo in questo, che feci non poca fatica a far saltar fuori dai sotterranei di quella casa-rifugio i pontieri indispensabili per mettere in atto la riparazione. Percorremmo pertanto, con trepidazione, il lungo ponte fin quasi alla sponda di arrivo. Il danno era proprio quello segnalato e non si era aggravato nel frattempo, nonostante la corrente fosse impetuosa. Provvedemmo a ricuperare tutto il materiale d'impalcata. La barca era perduta. Fu calata un'altra barca opportunamente lasciata ormeggiata alla sponda di arrivo. Credo che l'operazione non sia durata oltre i venti minuti, fatti obiettivo dei colpi d’artiglieria. Quindi tornammo, come avrebbe detto il Col. Montaretto, baldi e fieri, alla nostra base di partenza ove gli uomini ci accolsero con evidente rispetto. Questi ultimi poi ci riferirono che dei soldati tedeschi pure essi di stanza, non so a quale titolo, alla coscia del ponte, avevano loro detto che noi eravamo stati dei matti ad andare a ripristinare il ponte in quelle condizioni. Questo lo riporto non per trarne una particolare gloria personale ma piuttosto a mio disdoro. Infatti bisogna tener conto di due considerazioni. La prima è che il ponte lo hanno ricostruito i pontieri che qui voglio citare perché, non avendo altra riconoscenza, abbiano almeno la mia: Serg. DALLA PIAZZA Vincenzo Serg. SCIALANCA Egidio Caporale BELOTTI Bruno Caporale DE ROCCHI Pontiere ROSSINI Carlo Pontiere PERETTI Adriano Pontiere MANZONI Walter Pontiere CHIESA Giuseppe Pontiere MANTOVAN Pontiere VERITA' Pontiere PEDRETTI Pontiere GARAGIOLA Pontiere GHEZZA più cinque barcaioli, dei quale sono spiacente di non aver scritto i nomi. La seconda è una questione di opportunità nel fare le cose. In seguito avrei agito diversamente. Avrei tenuto un occhio rivolto al ponte ma anche un occhio rivolto all'accesso. Se avessi tenuto un occhio anche all'accesso avrei visto che nessuno era interessato a passare in quei frangenti; quindi avrei potuto anch'io attendere un momento di maggior calma. Infatti per un bel pezzo nessuno si azzardò a passare sul ponte. La morale conseguente è che, quando si ha in mano la vita di altri uomini, è opportuno ponderare sempre bene le proprie iniziative. Ripensandoci ora, può darsi che abbia deciso di effettuare la riparazione, nonostante quelle condizioni, ritenendo che al ponte potessero derivare delle conseguenze peggiori. Oppure vi fossero truppe in attesa della riparazione per poter passare. Il ponte ripristinato A parte questo episodio, occorre dire che nei primi giorni il passaggio sul ponte fu molto intenso; di notte il transito era riservato alle truppe che affluivano alla testa di ponte e perciò avveniva in una sola direzione. Con l'oscurità i tiri dell'artiglieria erano molto ridotti, perché mancava ai russi la possibilità di controllarne l'efficacia e questo consentiva un passaggio più sicuro. Durante il giorno il movimento avveniva in entrambe le direzioni; era prevalentemente pedonale e probabilmente adibito a movimento dei servizi. Avveniva principalmente lo sgombero dei prigionieri che, essendo a gruppi numerosi, erano più esposti alla possibilità di essere colpite dalle schegge. Mi torna frequentemente alla mente il corpo di uno di questi infelici, spostato accanto ad un travetto di ghindamento, che vidi durante un'ispezione. La carità cristiana non brilla in certi momenti. Ognuno è preso da un proprio compito e ritiene che in queste particolari circostanze sia inutile, una perdita di tempo, il doversi fermare solo per compiere un'opera di pietà ; certamente quel corpo trovò sepoltura nelle vorticose acque del Dnieper. In contrapposto, per scaricarmi un poco la coscienza, dirò subito che nel dicembre '42, nell'attacco che subimmo la sera del 17, i russi ebbero delle perdite che constatai solo all'alba del giorno successivo. Alcuni non davano più segni di vita, ma tre di essi muovevano almeno una mano. Li feci portare all'ospedale da campo, anche se ritenessi minime le possibilità di salvezza, non tanto per le ferite, che neppure potei rilevare, quanto per la notte trascorsa, immobili, in quel gelo. Ritorno al ponte. Anche i tedeschi ebbero le loro perdite. Il piccolo reparto, che forse fungeva da collegamento con i loro comandi, un mattino in cui ero di servizio, mentre alcuni di essi osservavano lo scarso movimento alla testa del ponte, furono improvvisamente investiti da una nutrita salve di artiglieria che provocò il ferimento di alcuni di essi e lo sbandamento generale. La situazione alla notte Anche durante la notte la situazione non era rosea; il ponte non offriva valida protezione laterale, particolarmente quello su barche. Inoltre si era dovuto collegare il nostro ponte con quello precedente su zattere. Questo produceva un raccordo con un certo dislivello tra i piani delle due impalcate che risultava pericoloso. Nonostante fosse disposta una lampada ad occhio di bue e vi fosse sempre un nostro ufficiale disposto nell'immediata vicinanza, che invitava a rallentare "langsam" (piano), si verificarono gravi inconvenienti. Durante uno dei miei servizi, un motociclista equipaggiato di tutto punto finì sbalzato in acqua. La colonna proseguì come se nulla fosse successo. Noi ci illudemmo di vederlo e poterlo salvare, legando un salvagente ad una fune; in realtà scambiammo i gorghi, a tratti visibili nella notte, per bracciate di un corpo umano. Gittamenti e ripiegamenti Per quasi tutto il mese quel ponte ci fu causa di molte preoccupazioni. Continui gittamenti e ripiegamenti. Il materiale si assottigliava di giorno in giorno. Bisognava provvedere a ricuperarlo ad ogni costo; soprattutto durante il giorno per evidenti ragioni di visibilità. Ma la visibilità serviva anche agli osservatori russi che provvedevano a far intensificare il ritmo delle bordate di artiglieria. Ci si trovava così in mezzo al fiume quando arrivavano le granate di obice, che prima si sentivano in partenza, quindi frullare nell'aria e poi si stava a vedere dove sarebbero andate a cadere. E' vero che il pericolo peggiore era quello di essere colpiti in pieno, ma ad un certo punto i russi usarono dei proiettili spolettati in modo tale da consentire la dispersione di un maggior numero di schegge, che si vedevano spiattellare sull'acqua. Così il Battaglione ebbe i suoi feriti. Se era vero che, nei primi giorni, le granate che cadevano nel fiume causavano soltanto dei grandi botti e producevano una forte vibrazione degli abiti, fu poi altrettanto chiaro che esse divennero estremamente pericolose; infatti, sull'acqua in barca, non ci si poteva minimamente nascondersi ne’ ripararsi. L'ultimo gittamento sotto il fuoco nemico Finalmente si arrivò alle ore 8 del 28 settembre '41. La descrizione di questo gittamento (ultimo sotto il fuoco nemico) è riportata nell'opuscolo, già citato, redatto dal Col. Montaretto. Sulla descrizione dell'operazione mi trovo pienamente d'accordo. Non mi trovo invece d'accordo su quanto afferma circa il momento del gittamento e cioè “periodo... ...scelto in relazione alle pause che il nemico usava fare durante il tiro”. Penso che chiunque trovi quest'affermazione strana. A parte il fatto che se anche il nemico fa delle pause, smette subito di farle quando gli osservatori gli comunicano quanto sta succedendo qualcosa di nuovo. Pur restando ferma la veridicità del fatto essenziale, debbo citare altri risvolti. Tutti noi ufficiali (e soldati) eravamo stati informati che il comando tedesco aveva ordinato il ripristino del ponte, in via definitiva perché, affermavano, il nemico era stato battuto ed allontanato dalla testa di ponte e quindi non avrebbe dato più alcun fastidio. Premesso questo, il ponte poteva quindi essere ripristinato in tutta tranquillità anche durante il giorno. Pontieri, sottufficiali, ufficiali parteciparono tutti. “...quindi tutti al ponte, cucinieri, furieri, nessuno volle perdere l'occasione di celebrare il grande evento, cioè il ripristino del ponte senza alcun pericolo...” così riferisce anche il Ten. Ratti nel suo libretto di memorie. Le riprese del Cinematografo In questo contesto interveniva anche un altro fatto. Premesso che nel boschetto dove era occultata la 22` Comp. erano pure accampati un paio di furgoni del Servizio Cinematografico di Documentazione del Regio Esercito, che fino ad allora si erano limitati a filmare alcune bordate di tiri di controbatteria, che le artiglierie russe effettuavano nei confronti di una batteria tedesca disposta pericolosamente alle nostre spalle. Niente quindi si prestava meglio di una simile occasione per effettuare una ripresa senz'altro unica e spettacolare di un gittamento del ponte sul fiume Dnieper. Peccato però che non si potesse anche avere l'emozionante visione dei colpi d'artiglieria in arrivo! Lavori in corso Fu in queste condizioni che s'iniziò l'ultimo gittamento del ponte su barche, che aveva ormai raggiunto anche una considerevole lunghezza. Alla testa del ponte oltre il S.Ten. Nicolai, c'era il Col. Montaretto stesso, non solo, ma si erano aggregati anche almeno altri due o tre ufficiali, ungheresi e tedeschi, solo per osservare la manovra. Di squadre trasporto materiali, ce n'erano in eccedenza; anche a terra erano rimasti in molti ad osservare. Io non avevo un compito preciso e quindi mi muovevo da terra e lungo il ponte su zattere costruito dai russi, per il caso di una fortuita necessità. Vedevo l'operatore con la sua macchina da ripresa piazzata alla coscia del ponte e l'andirivieni dei pontieri che portavano le tavole e travicelle alla testa del ponte. Anch’io ero munito di una macchina fotografica Kodak 3, 5. Questo durò, per quanto affermato dal Col. Montaretto, dalle ore 10, 15 alle 11, 10. Ad un certo momento (pressappoco alle 11) mancavano solo due impalcate per completare il ponte su barche. Effetti speciali Io mi trovavo sul ponte in zattere, a circa duecento metri dalla sponda di partenza e non sapevo della situazione alla testa di ponte. Ad un tratto udii distintamente il frullare di due (mi parve) granate in arrivo ed il conseguente scoppio proprio a monte del tratto di ponte di barche in costruzione. Fu un fuggi-fuggi generale tanto perché la situazione diventava improvvisamente pericolosa, specialmente per chi non era interessato al gittamento, quanto perché il çol. Montaretto aveva ordinato lo sgombero a tutti quelli che non appartenevano alle due squadre travetti e tavole, addette alla chiusura delle due impalcate. Io ebbi alcuni momenti di perplessità perché, da dove mi trovavo, non avevo udito l'ordine di sgombero dato ai non direttamente impegnati, quindi anch'io mi unii ai fuggitivi e corsi per un centinaio di metri; tosto mi fermai perché ritenni disdicevole non solo fare brutta figura unendomi ai soldati in fuga ma addirittura precedendo gli ufficiali tedeschi e ungheresi che erano alla testata del ponte. In questi frangenti incontrai il S. Ten. Grosso, che sopraggiungeva da terra gridando "...ma cosa scappate...è solo il tritolo...", senza raggiungere l'effetto di fermare la fuga generale. L'affermazione era per me incomprensibile tanto che gli chiesi di spiegarmi che cosa fosse la storia del "tritolo". Ma sì, mi fa: "...è il sergente (di cui non ricordo il nome) che è stato mandato con un barchetto a far esplodere del tritolo per rendere più verosimili le riprese cinematografiche!...". Forse il S. Ten. Grosso non aveva prima sentito il frullio delle granate che avevo sentito io. Ma si rese subito conto anche lui che, sempre di tritolo si trattava, ma il barchetto ed il sergente non c'entravano per niente: erano autentiche granate! Intanto il grosso dei soldati era passato; aspettai il passaggio degli ufficiali stranieri ma non li vidi mai più. Anche i cinematografari erano scomparsi. Naturalmente il gittamento delle due ultime impalcate continuò regolarmente ed in dieci minuti l'opera venne terminata. A lavoro compiuto, quando il Col. Montaretto, il Ten. Nicolai ed i pontieri delle squadre trattenute al ponte vennero a terra espressero il loro stupore raccontando come i già citati ufficiali, ai primi colpi, si fossero fatto largo tra i pontieri e preso la rincorsa. Non mi spiegai mai come feci a non vederli passare davanti a me. A mia discolpa ed a titolo di espiazione dirò che rimasi successivamente su quel ponte a scattare qualche fotografia delle deflagrazioni di granate in arrivo; a dimostrazione che non ero scappato lontano. Mi si conceda di dire che la cosa non fu né semplice, per mancanza di teleobbiettivo, né proprio priva di pericolo. Il diario dell'ignoto pontiere A questo punto mi dispiace sconfessare anche il brano che qualcuno potrebbe aver letto su "Ricordi di pontieri italiani in Russia" a pag. 126 e che con qualche riserva posso dare per buono fino all'ultimo capoverso di pag. 128. Da qui in avanti il racconto diventa di pura fantasia. Ammetto che una persona possa vedere degli eventi in maniera più o meno realistica o impressionante ma non ritengo accettabile confermare fatti e decine di morti, feriti e dispersi inesistenti. Questo non solo perché io ero là ma perché ve n'erano pure molti altri, che per scrupolo ho interrogato e mi possono essere testimoni del travisamento di fatti reali. Per tutti citerò il Ten. Ratti che nel suo libretto afferma, a questo riguardo, ... "Ma anche questa volta la fortuna sorrise agli audaci, nessun morto, nessun ferito, un morto ci fu precedentemente ma per cause accidentali". Parecchi anni più tardi, dopo la pubblicazione del libro “Ricordi di pontieri italiani in Russia” avvenuto per l’interessamento del capo-gruppo pontieri Reduci di Russia, Serg. Magg. Basile, scrissi allo stesso chiedendo di sapere chi fosse l’autore della suddetta specifica memoria, (a pag. 126 “Dalla pagina del Diario di un ignoto Pontiere ritrovato in un tascapane abbandonato”, risultato anonimo) ma non ebbi mai risposta. E con questo chiudo l'incidente. I giorni dopo il gittamento Vero è che il ponte fu centrato prima di sera. Da allora il ponte non venne più ripiegato ma solo riparato nei punti colpiti. Dal 29 settembre i bombardamenti cessarono ed esso venne tenuto efficiente dai nostri genieri, per quanto atteneva al tratto in barche, e dai genieri ungheresi per la parte su zattere. Quello che ancora oggi mi lascia stupito è come fosse possibile che soltanto due obici, ormai a grande distanza, riuscissero in così breve tempo centrare una striscia di pochi metri, qual'era quella del ponte; oltretutto uno di essi presentava un inconveniente: quasi ogni due colpi faceva udire uno strano frullìo ed il proiettile cadeva in acqua senza esplodere. Sul fondo di quel fiume giaceranno ancora decine di proiettili inesplosi. Durante il recupero del materiale ci accorgemmo, ad un certo momento, che facevamo scorrere le barche su di uno di questi. Era un bestione di almeno 25 o 30 cm. di diametro e circa un metro di lunghezza. Durante il mese di ottobre, non appena i pontieri del I Btg ebbero terminata la riparazione del ponte in ferro, incominciammo l'operazione di ricupero e caricamento dei materiali da ponte. Interpolazione: Lettera dal fronte A questo punto farò un'interpolazione. Oggi, 10 giugno 1989, (tra l'altro anniversario dell'entrata in guerra a fianco della Germania, avvenuta 49 anni or sono) mi è venuto in mente di andare in cantina a cercare delle lettere che a quei tempi scrissi all'attuale mia moglie, da essa gelosamente conservate in una scatola e sopravvissute ai trascorsi decenni. Speravo di trovare in esse non solo frasi d'amore ma qualche riferimento, sfuggito alla censura, che mi aiutasse a ricordare date e fatti di allora.Debbo ammettere di essere stato fortunato perché, incredibilmente, ho trovato una lettera del 30 settembre 1941 (XIX) che descrive i fatti sopra citati. Volutamente non cancello quanto ho già scritto ma riporto testualmente il brano della lettera in modo di avere un confronto ed un'integrazione. "Ai primi giorni di settembre venimmo qui per gettare un ponte sul Dnieper (o meglio, venimmo alla fine di agosto e gettammo il ponte il 4 sett.) Sulla riva opposta vi era solo una piccolissima testa di ponte tedesca.Si trattava di riattare due interruzioni di un ponte di zattere russo lungo più di 1200 m. con due pezzi di nostro ponte per una lunghezza complessiva di 200 e più metri.Il lavoro venne eseguito di notte: venne un aereo ma non si accorse di nulla ma verso l'alba, dopo un lavoro massacrante, il ponte venne finito appena in tempo che le artiglierie russe incominciarono il bombardamento.(ricordo nuovamente che in quella notte io non fui presente) Alla mattina seguente la notte della costruzione del ponte fui comandato come primo ufficiale di guardia al medesimo. In quella giornata le artiglierie russe lo tempestarono dall'alba al tramonto ma non lo colpirono, pur sparando non meno di 550 - 600 colpi. Otto bocche da fuoco susseguivano dall'alba al tramonto i loro colpi. Ogni tanto si fermavano ma per soli 3 - 4 - 5 minuti, altre volte erano in 12 a sparare facendo arrivare le granate a quattro a quattro. Come dissi già, durante il giorno 5 non riuscirono a centrarlo. Alla mattina del 6 all'alba (anche durante la notte vennero due aerei ma non lo colpirono) incomincia la musica infernale; alle 8 il ponte viene centrato: non ti sto dire come fu e perché (?) il fatto è che con un gruppetto di 13 soldati e un sottufficiale ventenne, dimenticavo i cinque barcaioli, che feci richiedere dal soldato di guardia (io intanto per essere loro d'esempio ero già partito in quarta sul ponte) che mi raggiunsero immediatamente, sostituii le due impalcate colpite e la barca ridotta a stuzzicadenti.Alle 8, 25 il traffico era ristabilito; un solo soldato fu lievemente scalfito in una gamba, grazie a Dio una scheggia cadde pure fra me ed un soldato. Modestamente (non tanto direi ora) ma orgogliosamente dico che per quello, oltre alle particolari soddisfazioni ricevute dai miei colleghi e dai soldati ebbi anche dal Colonnello, alle cui orecchie giunse subito il mio operato, la proposta per una... E quando io mi sarei mai sognato tanto onore! - ti ricordi quanto circa un anno fa ti dissi delle mie note caratteristiche?! che ci vuoi fare... il fatto è che il Colonnello mi propose per una ricompensa al valore - questo lo so positivamente, quello che non so è se è italiana oppure tedesca - poiché i tedeschi furono così entusiasti di noi che immediatamente chiesero di segnalare i nomi di coloro che specialmente per volontarismo si erano distinti in quelle azioni dei primi giorni, Sappiamo pure che, lo disse il Colonnello stesso, ufficiali e soldati furono proposti per onorificenze italiane e per quelle tedesche. Fino ad ora di ufficiali proposti in tutto il battaglione siamo in quattro: l'ufficiale che era alla testa dei ponte e due altri che si distinsero assolvendo l'incarico delle ricognizioni del fiume mentre il nemico era ancora dall'altra parte. Ritornando al ponte di cui stavo parlando - o scrivendo - nella stessa giornata fu nuovamente colpito. Da allora in poi incominciò la tragedia del ponte. Di notte e quand'era possibile di giorno si faceva il ponte e quando LORO lo vedevano fatto lo rimettevano a gambe all'aria: quante barche sforacchiate e quante a pezzettini sono partite! Per qualche giorno, dietro ordine tedesco, dalle quali unità dipendiamo, lo lasciammo interrotto ecc. ecc. altrimenti mi dilungo troppo e quelli della censura si stufano ed allora mi cancellano tutto. Ultimamente si iniziò l'attacco e i russi furono respinti e noi rifacemmo il ponte - e sarebbe ieri 28. Ora ti faccio ridere un pò. I russi vengono attaccati la sera precedente e fatti ritirare - si crede che non possano più disturbare il ponte. In pieno giorno riceviamo ordine di fare il ponte; intanto ci sono i cinematografisti della Cineteca di Stato che vogliono riprendere una ricostruzione della scena dei primi gittamenti del ponte, fingendo dei tiri di artiglierie; ci si mette d'accordo di mettere a valle del ponte delle cartucce di tritolo e farle esplodere durante la costruzione del ponte (ma questo io lo seppi dopo). Sono le 11, 15 circa, il ponte è all'ultima impalcata, tutti i soldati lavorano tranquilli poiché contrariamente agli altri giorni non un colpo si è udito - il nemico ormai ha ripiegato e si ritira verso il centro della sacca enorme che li chiude. Ad un tratto, vedi caso, ad un centinaio di metri a valle del ponte si leva una colonna d'acqua (e di schegge) e una formidabile detonazione si leva nell'aria: tutti i soldati che sono alla testa del ponte si buttano a terra ma un ufficiale che era al corrente della faccenda del tritolo, che è il S. Ten. Grosso che forse tu non conosci poiché era di quelli che erano distaccati a Verolavecchia, da di mano immediatamente alla macchina fotografica che si era portato per l'occasione e si mette a gridare: "Cosa fate fessi lì a terra - è il tritolo!!!" BANG...! ecco arriva una seconda sberla e allora vede le schegge che cadono e quelle che fanno duecento metri di piattellini sull'acqua e così di seguito. Erano ancora due cannoni di lunga gittata che sparavano da chissà dove! Ad ogni modo il ponte fu finito in pochi minuti poiché è impossibile che una batteria (salvo sia un caso) centri il ponte ai primi colpi. Io che non ero di servizio ma ero sul ponte anch'io colla mia macchina foto, mi sono prudentemente ritirato un po’ indietro e se sono riuscite, come spero, ti farò vedere le foto delle bombe. Prima di notte erano riusciti a colpire una volta il ponte. Con una pellicola russa che spero sia buona ho fatto le foto dell'interruzione ed ho preso altre foto di bombe di cui una - si vedrà forse un po’ da lontano - che centra il ponte di zattere russo verso la riva opposta. Da stamattina anche quei cannoni sono stati catturati e i russi suonati..."